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“Quantu è beddu u vuostru visu”

da Redazione
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Un’antica preghiera che appartiene alla tradizione popolare è quella della Coroncina dell’Annunziata.

Ancora oggi, nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Annunciazione del Signore, è possibile vedere, all’interno della Basilica dell’Annunziata, molti devoti che sostano in preghiera, dinanzi al Santissimo Sacramento, con le loro corone stese sulle ginocchia e sui banchi.

Non vi sono notizie certe, se non orali e trasmesse da qualche anziana, sulle origini di questa antica preghiera.  Durante il Medioevo in molte zone d’Italia e d’Europa il 25 marzo, giorno del concepimento di Gesù, secondo lo stile dell’Incarnazione, veniva utilizzato come primo giorno dell’anno.

E’ possibile quindi che molte comunità cristiane del tempo, sentissero il 25 marzo proprio come il giorno d’inizio del nuovo anno.

La pratica di  intrecciare una Corona in onore della Vergine Annunziata,  sembra essersi mantenuta anche in alcune comunità cristiane calabresi, in particolare nei comuni di Samo (RC), Serra San Bruno (VV), Badolato (CZ) e Dasà (VV) nei quali è denominata “Fadda di l’Annunziata” o “Farda da Madonna”.

Sarebbe interessante comparare  la tradizione di questa pia pratica ad Ispica con quelle tramandate in tali comunità della regione Calabria.

Ad Ispica, la Coroncina della Santissima Annunziata, è una devozione che coinvolge non soltanto la comunità legata alla Parrocchia dell’Annunziata ma l’intero vicariato.

Il fedele affidava e affida a Maria ogni giorno dell’anno, intrecciando un nodo a partire dal 25 marzo fino al 24 marzo dell’anno successivo.

Così, colei o colui che volesse fare un atto di affidamento alla Vergine Annunziata si impegna, procurandosi un cordoncino o un semplice laccio, a fare un nodo al giorno recitando la preghiera: “O Matri Annunziata, vui siti a mia avvucata, quantu è beddu u vuostru visu, quannu muoru purtatimi ‘npararisu”.

La preghiera è seguita da un Padre nostro e tre Ave Maria. C’è da dire che la trasmissione orale di questa pratica non permette di stabilire quanti siano esattamente i “Padre nostro” e le “Ave Maria” che seguono la preghiera in dialetto siciliano, ma ciò che importa è senza dubbio la costanza: una volta al giorno per ogni giorno dell’anno fino al 24 marzo successivo. Chi dimenticasse, anche per un giorno, di fare il nodo sarebbe costretto a ripetere il tutto da capo, partendo dal 25 marzo successivo.

Quando si sta per completare l’anno, non avendo dimenticato di fare un nodo al giorno, la tradizione vuole che la “bella copia” della coroncina venga confezionata da una “vergine”, da una “signurina”. Il fedele metterà quindi di lato i nodi fatti durante l’anno ed utilizzerà, ogni 25 marzo, solo la “bella copia”.

La coroncina finale è così composta da 365 nodi divisi in 36 decine. Un cuore imbottito di ovatta sostituisce, invece, il crocifisso che si trova solitamente in una comune corona del Rosario. La particolarità di questo cuscinetto a forma di cuore sta nella “M” di Maria ricamata sopra, come a rappresentare la consacrazione del proprio cuore alla Madre di Dio. Lo stesso viene legato alla coroncina ed è seguito da 5 nodi.

Una volta completata, la coroncina viene portata in chiesa la mattina del 25 marzo e benedetta durante la Santa Messa.

Da quell’anno in poi ciascun fedele prenderà l’impegno di recitare l’intera corona durante la Solennità dell’Annunciazione di ogni anno. Al posto dei tradizionali misteri, in ogni decina, si reciterà contemplando il mistero dell’Annunciazione, la preghiera in dialetto siciliano sopracitata.

La partecipata messa mattutina e vespertina, Il Santissimo Sacramento esposto per l’intera giornata, l’odore d’incenso che invade le navate e la preghiera individuale, continua e costante della coroncina, rendono questo giorno unico per la comunità parrocchiale e vicariale.

La Basilica dell’Annunziata custodisce un bellissimo quadro “ra Matri Annunziata” nell’altare maggiore, attribuito a  Vito d’Anna. Nessuno, soffermandosi a contemplare il dipinto dell’altare maggiore, non può non restare affascinato dalla bellezza del viso di Maria. “Quantu è beddu u vuostru visu” sta proprio al centro della preghiera in dialetto siciliano rivolta alla Vergine.

La bellezza di Maria riflette proprio la bellezza di Cristo, come la luna riflette la luce del sole.

Nel  salmo 34 è scritto: “Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti”. Ciò vuol dire che nel silenzio e nella contemplazione di Dio, proprio come ha fatto Maria, riusciremo a riflettere la bellezza e la luce di Dio agli altri.

In questa antica preghiera sigillata da un nodo, quindi da una promessa, Maria si fa compagna di viaggio e a Lei si affida ogni giorno dell’anno che ci aspetta: i giorni lieti e i giorni tristi; nella speranza che possa condurre ogni suo figlio alla meta a cui ogni cristiano aspira: il Paradiso.

di Emilio Caruso

3 commenti

Nicole Caruso 25 Marzo 2021 - 09:42

Mi hai emozionato Emilio 🙏 💙

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Emilio Caruso 25 Marzo 2021 - 11:38

Addirittura 🙂

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rosariapiazzese36@ gmail .it 17 Aprile 2021 - 14:13

Emilio bellissimo articolo Quantu è beddu u vuostru visu .”La bellezza di Maria riflette proprio la luce di Cristo,come la luna riflette la luce del sole “

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