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Paolo Curtaz alla SS. Annunziata… un’intervista

da Giovanni Fronte
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In occasione degli esercizi spirituali tenutesi nella nostra Basilica il 22 e 23 Marzo 2022, abbiamo avuto graditissimo ospite Paolo Curtaz, teologo ed evangelizzatore proveniente dalla Valle D’aosta.

Paolo, benvenuto ad Ispica. In questi due giorni, come si è trovato nella nostra cittadina?

È la prima volta che vengo in questa zona della Sicilia. Sono stato molte altre volte nel palermitano, nel catanese, a Trapani o Siracusa, quindi è stata un po’ una scoperta. Devo dire che sono rimasto molto ben impressionato dall’accoglienza e dall’ospitalità, ma anche dal tipo di fede che ancora si vive, che è una fede popolare ma piena di contenuti: quindi torno carico e pieno di cose da elaborare.

Hai avuto modo di conoscere la nostra comunità vicariale e la nostra comunità parrocchiale SS. Annunziata – S. Antonio?

Nella vostra comunità innanzitutto in questi due giorni ho partecipato all’Eucaristia, ho incontrato i vostri operatori pastorali, i ragazzi del Cantiere “Volere Volare” e a pranzo il primo giorno ho incontrato i vostri tre parroci.

Della vostra città ho visto tutti i parroci il secondo giorno a pranzo: diciamo che sono stati giorni molto molto intensi in cui ho visto abbastanza bene (per quel che si può vedere in due giorni) la vostra realtà. Si può dire che è una delle poche volte che ho conosciuto più cose che in due soli giorni.

Il primo giorno di esercizi spirituali aveva detto che era stato colpito dalla presenza di tante chiese mariane, ma Ispica è conosciuta anche come il paese dei “due cristi”, dato che i nostri avi si sono raffigurati nella passione di Cristo…ma c’è anche una forte devozione mariana e, parlando di Maria, visto che è il tema dei nostri due giorni di esercizi spirituali, parliamo della giornata del 25 Marzo dove avverrà la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria…come mai è un atto così importante da parte di Sua Santità?

A proposito dei due cristi (mi hanno spiegato in questi giorni il motivo di questo soprannome) volevo dire che è interessante vedere sia in questa zona ma anche in gran parte del sud Italia, come ci sia stato storicamente il travaso della devozione spagnola, cioè c’è questa forte tensione verso l’umanità di Cristo soprattutto nel momento della passione: ha fatto grandi santi la meditazione della passione, collocandolo però in una luce completa cioè con Gesù che è anche risorto, altrimenti si perde il finale…

Riguardo all’intenzione di Papa Francesco, molti lo collegano all’apparizione di Fatima, ci sono delle polemiche a mio modo di vedere molto sterili (doveva esser fatto prima o dopo): io credo che sia, da parte di Papa Francesco, la volontà di esprimere, insieme a tutta la Chiesa, un gesto di consacrazione a cui tutti ci uniremo, una preghiera molto forte come per dire: Maria, dacci tu una mano perché noi non riusciamo, siamo figli litigiosi. Da questo punto di vista ricordo che la nostra preghiera non è per convincere Dio a darci la pace perché Dio vuole la pace, ma piuttosto per creare questo ambiente di pacificazione che può essere contagiosa. Noi preghiamo più per convertire noi piuttosto che per non far cambiare idea a Dio.

Dato che abbiamo parlato di Chiesa, le volevo chiedere che visione ha della Chiesa, nel senso paolino del termine, nel senso di ecclesia?

Evidentemente la mia è una prospettiva molto parziale e mi verrebbe di citare Sant’Agostino, il quale diceva che procedeva tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del Mondo. È un momento storico molto delicato per le Chiese europee, per le Chiese occidentali e anche per la Chiesa Italiana, perché sta cambiando, da un punto di vista sociale, la percezione che la gente ha della fede: essa non è più data per acquisita e il confronto con pensieri diversi ci porta ad elaborare giustamente anche opinioni diverse.

Da un certo punto di vista, come ho detto anche in questi giorni, non è più il tempo della raccolta ma del seminare. Noi viviamo nella fede di chi ci ha preceduto, probabilmente adesso è il modo di ripensare il nostro modo di trasmettere la fede, dell’evangelizzare che voleva essere l’intendo del Sinodo e cioè dire: la situazione sta cambiando rapidamente e non dappertutto ce se ne accorge, come noi possiamo annunciare meglio e con maggiore efficacia la presenza di Dio.

Lo scorso ottobre, infatti, è iniziato il Sinodo, inteso come processo sinodale…già ha anticipato un po’ prima, ce ne parli un po’ riguardo alla sua prosecuzione…

Anzitutto ricordo che il sinodo è un evento di tutta la Chiesa, non solo di quella italiana, e Papa Francesco che è Vescovo di Roma ma come Patriarca di tutte le Chiese, vede prospettive diverse ed è proprio uno stile che è stato inaugurato con il Concilio Vaticano II e che, purtroppo, fa fatica a passare, cioè quella del syn odos, cioè del camminare insieme. Non c’è qualcuno che decide per gli altri, ma insieme si parla e si discute: la Chiesa non è una democrazia, ma è un’adunanza in cui nei ministeri ognuno capisce che cosa riesce a fare.

Il tentativo di Papa Francesco mi sembra quello di dire: proviamo a non fare una fotocopia della fotocopia della fotocopia di quello che abbiamo sempre fatto perché la pastorale cambia: il Vangelo è sempre lo stesso ma il modo di annunciarlo cambia. Il fatto che sia stato affidato ad ogni singola Chiesa locale, il fatto di decidere come strutturare il sinodo è molto rispettoso di quello che succede ma creando anche una grande discrepanza: ci sono diocesi che l’hanno inteso facendo delle commissioni che discutono, altri che hanno cercato di partire più dal basso: quindi un cammino duro, lungo che poi si è decisa nella Conferenza Episcopale Italiana in diversi step. Vedremo cosa succederà. Il tentativo c’è, vedremo se produrrà un documento o piuttosto uno stile: io devo dire che sono moderatamente pessimista, nel senso che non vedo questo grande coinvolgimento ma una certa resistenza da parte di tutti noi. Speriamo che passi l’idea che la Chiesa è di tutti.

Uno dei temi del Sinodo è la missione e ci riallacciamo un attimo all’evangelizzazione. Lei si definisce un evangelizzatore free-lance. Secondo lei, a che punto siamo con l’annunzio della lieta notizia e se ci racconta anche come è nato il suo sito tiraccontolaparola?

Da quell’invito che Gesù fa alla fine del Vangelo di Luca e di Matteo fino ad oggi si è continuato a fare evangelizzazione ma fino a pochi decenni fa c’era l’idea che l’evangelizzazione andava fatta verso le popolazioni che ancora non conoscevano il vangelo. Ora che praticamente l’intero mondo sa chi è Gesù e cosa è il Vangelo bisogna chiedersi se l’evangelizzazione non sia da farsi all’interno della Chiesa e, paradossalmente, è la cosa più difficile che possa accadere: parlare di Gesù ai cristiani, che sanno già tutto e credono di credere, è molto impegnativo. Però far passare Gesù da una buona abitudine ad un evento che ti cambia la vita è un po’ l’obiettivo che dobbiamo fare e che, di fatto, è storicamente quello che è sempre successo avanti e indietro, ad onde.

Per quanto riguarda la mia attività di evangelizzazione online va avanti da molti anni: tutto è partito con il sito storico tiraccontolaparola, poi sono nati molti altri siti social. Attualmente, diciamo che è tutto confluito in un unico portale che porta il mio nome www.paolocurtaz.it da cui si accede ai miei siti, alla mia attività, si accede al mio canale youtube: è partito il tutto un po’ casualmente perché c’è un amico che si occupava di queste cose (si parla del paleolitico anteriore, nel 1996) che si è rivelato pioneristico perché di fatto ha portato alla diffusione della parola. Attualmente, per capirsi, parliamo nei miei siti complessivamente in questi anni di 15 milioni di pagine viste e di 80000 followers sui social e che è già un modo di annunciare la Parola, ricordandoci però, come diceva benissimo Papa Benedetto e Papa Francesco, che la fede non è virtuale.

Secondo lei, una strada per la nuova evangelizzazione che proponeva Giovanni Paolo II può essere quella di Internet?

Internet è uno strumento molto efficace ma che la Chiesa fatica ad abitare perché c’è o uno scimmiottamento di quello che fanno gli altri (non dobbiamo diventare gli influencer della fede) oppure siti statici, istituzionali che sono utili ma non annunciano un bel niente.

Ho sempre sognato, e mi proponevo di parlarne con Mons. Ravasi, che mi piacerebbe immaginare, accanto a tutto quello che c’è già come le università pontificie, anche una sorta di formazione per formare (scusate il gioco di parole) dei giovani cristiani che abbiano voglia di abitare la rete e che anche la Chiesa lo percepisca come qualcosa di importante che potrebbe essere valorizzato. Quindi, sì, è uno strumento ma ricordandoci sempre, come diceva Papa Benedetto in occasione di una giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che è propedeutico all’incontro ma, onestamente, per chi sta alla finestra è un’opportunità spettacolare.

Abbiamo parlato del Sì di Maria e Giuseppe, un sì di coppia: come vede l’amore coniugale?

L’amore coniugale, in questo momento, in Occidente è in grave difficoltà non soltanto per il matrimonio cristiano (matrimonio nel Signore più che in Chiesa). I dati statistici ci dicono che la metà delle coppie si sposa in Chiesa (questo perché il Sud tiene, al Nord siamo al 30%). Questo vuol dire che il matrimonio cristiano, così come lo abbiamo presentato, probabilmente ha perso molto del suo fascino e viene visto come un inutile costrizione. Probabilmente è da ripensare, come l’Amoris Laetitia ha detto, che bisogna pensare e rifondare cosa è il matrimonio cristiano. Mi verrebbe tuttavia da dire che non è in crisi il matrimonio cristiano ma è in crisi l’idea che ci si possa amare. Nel cuore dell’uomo abita questo grande desiderio di potersi amare, ma si risponde che non è possibile e qui, probabilmente, noi discepoli del Signore, abbiamo qualcosa da poter dire.

Nella sua vita so che è stato sacerdote ma ha lasciato per intraprendere l’attività di evangelizzatore. Come ha capito che era questa la sua strada?

È una storia un po’ complessa e con parti private che non intendo condividere…ma c’è stato sicuramente in me un disagio perché da una parte percepivo che il Signore mi chiamava ad annunciare e vivere il Vangelo, dall’altra mi rendevo conto che in quanto prete, in quanto parroco non riuscivo ad esprimere quello che volevo, quello che potevo. È seguita poi una crisi personale delle mie scelte mi ha portato a pensare tutto, però non volevo lasciare quello che facevo: è stato un salto nel vuoto perché da una parte non avevo più il paracadute della comunità ecclesiale, dello stipendio, ecc. ma dall’altra il desiderio di continuare ad evangelizzare, fra l’altro all’inizio con un po’ di stigma sociale perché ho percepito che venivo visto come uno che prima faceva il prete e adesso non lo è più. Il paradosso, in realtà, è che io continuo a fare il prete perché lo sono ma in maniera diversa percorrendo però una strada particolare: non ho mai preteso di voler cambiare le cose o di essere esemplare ma con me il Signore è stato molto generoso per cui oggi mi ritrovo, dopo 15 anni da questa scelta molto dolorosa, a vivere un’esperienza di apostolato che mai come prete sarei riuscito a fare. Metto a disposizione della Chiesa quello che so fare e, incredibilmente, è molto apprezzato quello che faccio, che in realtà vuol dire semplicemente meditare la Parola e renderla disponibile e fruibile. Evidentemente qualcuno trova giovamento.

Siamo in tanti a trovar giovamento nelle sue meditazioni. Ma cosa intende quando, nel suo sito, si definisce: ricercatore di Dio?

Per me significa, lo sottolineo e non lo dico come una specie di “slogan di marteking”, che più approfondisco il cammino di fede e di conoscenza e più mi manca percorso da fare. È come quando uno va in montagna (sono un montanaro) arrivi ad una cresta a cui arrivi tutto sudato e poi vedi che c’è ne è un’altra dietro. Da questo punto di vista è un percorso: mi piace perché lo trovo molto onesto il fatto di essere già e non ancora, sapendo che il nostro percorso, come dice il Vangelo di Matteo, è come una caccia al tesoro: alla fine più tu scopri e più hai indizi per andare avanti e scoprire. È una ricchezza bellissima, in questo senso, mi sento veramente un cercatore di Dio, nel senso che sono più le cose che ho scoperto di non sapere che le cose che sapevo in questi ultimi 50 anni…

Fra l’altro, nei Vangeli i cercatori di Dio sono immaginati nei Re Magi…

Una bella immagine, tra l’altro. Sono curiosi, hanno un desiderio…

Parliamo infine dell’uomo Paolo Curtaz e cosa ama fare nel tempo libero…

Vivo una vita molto fortunata perché ho fatto della mia passione il mio lavoro: in realtà, fatto salvo che alla fine del mese devo riuscire ad avere la pagnotta, ho una gestione del tempo totalmente libera tanto è vero che non distinguo tanto il mio tempo libero. Dico per scherzo che ogni tanto comincerò a lavorare…però per me leggere, approfondire, studiare, chattare, girare l’Italia per annunciare il Vangelo e preparare un viaggio in sintesi posso dire che faccio quello che amo. Devo dire però che, abitando in Valle D’Aosta ed essendo valdostano e montanaro fino alle midolla, mi carica e mi aiuta nel mio percorso interiore andare in montagna nel mio tempo libero.

Anche Giovanni Paolo II si ricaricava così, andando in montagna nel tempo libero… anche quando diventò pontefice.

Faremo certamente tesoro di tutto ciò che hai condiviso con noi il 22 e 23 marzo: grazie per le tue meditazioni, Paolo…e per la tua disponibilità in questa lunga intervista.

1 commento

rosariapiazfz36m 20 Aprile 2022 - 18:37

Intervista sapiente ricca e interessante Conosco il pensiero di Paolo Curtaz perché ogni mattina mi arriva il Vangelo con il commento di Curtaz Complimenti

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