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Don Bosco e la CATECHESI 2.0

da Maria Sacchetta
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Parlando del santo dei giovani non si può non fissare l’attenzione sulla catechesi. Il Nostro è stato un antesignano in tutta la sua opera pedagogica e ancor di più, lo è come catechista. L’appellativo “catechista” fissa l’attenzione su una delle tante   attività educative di Don Bosco. La sua attività catechetica nasce l’8 dicembre 1841, dall’incontro con Bartolomeo Garelli, orfano e analfabeta. Cacciato dalla chiesa perché non sapeva servire messa viene richiamato da Don Bosco, e da un colloquio in sacrestia, don Giovanni si rende conto delle difficoltà del ragazzo nel farsi anche solo il segno della croce. Da quell’episodio, il cui epilogo sarà, lezioni di catechesi a chiunque ne avesse bisogno, ragazzi e adulti, ha inizio l’oratorio con i risvolti educativi e a volte anche salvifici che noi tutti conosciamo.

Nella sua opera di catechista egli metteva: zelo ardente per le anime, purezza e santità di vita, ingegno perspicace, dono di farsi amare, chiarezza e semplicità di parola. Abilissimo nel colpire i sensi e l’immaginazione, era formidabile nell’attirare, formare e santificare la gioventù. Dell’insegnamento catechistico, Don Bosco, ebbe sempre la più alta idea, e non si stancò di esaltarlo, propagarlo e perfezionarlo in tutti i modi. Il metodo da lui inventato seguito ed insegnato è il metodo catechistico del Vangelo. Egli ci ha insegnato che, l’iniziazione cristiana deve essere basata sull’annuncio della Parola narrata dagli evangelisti, solo essa è in grado di suscitare la fede nei bambini, nei ragazzi e negli adulti. Dagli insegnamenti del santo protettore dei giovani e fondatore di metodi pedagogici innovativi e rivoluzionari si evince che, non ci si può più accontentare di un’iniziazione volta a preparare ai sacramenti, i quali non devono essere visti come punti di arrivo (riti da “fare”, come “fare la cresima”) ma come punti di partenza o almeno di continuità nella vita cristiana.  In quest’ottica scopo essenziale della catechesi diviene sempre più quello di “fare” i cristiani.

Questa metodologia, anche se avviata circa 200 anni fa non è molto lontana dalla catechesi 2.0 così come viene definita oggi. Essa, esattamente come faceva Don Bosco, e sull’esempio che lui ci ha lasciato, ha le sue fondamenta nel dialogo vivo e interpersonale; nel voler creare relazioni più che indottrinamenti; comunicare e far sentire i ragazzi amati e accolti. Questi i presupposti che non basano l’iniziazione cristiana sull’insegnamento di contenuti di fede, ma così come faceva don Giovanni sono strutturati per aiutare i giovani a far fiorire le loro vite. Oggi come allora e come lui predicava, i discenti non possono essere trattati alla stregua di appendici del nostro sapere, come destinatari di lezioni ben preparate, ma distanti dal loro innato bisogno spirituale. Come ci ricorda, José Luis Moral dell’Università Pontefici Salesiana, “primo compito dell’educatore non è tanto quello di far maturare nel ragazzo la fede in Dio, ma di far percepire che Dio ha fede in lui”.

È un cambio di prospettiva, di mentalità, di sistema operativo. Don Bosco ha trasmesso la passione per la salvezza di ragazzi e adulti, vissuta nell’impegno costante di una catechesi semplice, essenziale, adattata alla condizione, all’età e alla cultura e congiunta alle altre proposte educative e ricreative dell’Oratorio. La catechesi salesiana non si attua al termine di un percorso propedeutico, ma ne costituisce il cuore, implicitamente, dai primi incontri e, esplicitamente, nell’intera proposta formativa. Don Bosco non distingueva tra primo annuncio e catechesi, ma, incontrato un ragazzo, subito lo invitava opportunamente ad un cammino di vita cristiana. (Più o meno lo stessa cosa accade oggi nelle nostre parrocchie). Se la catechesi non si integra nella vite di chi la segue, rimane estranea e incomprensibile, viene subìta e, nel futuro, abbandonata. Detto questo, dallo stile catechetico ed educativo del santo pedagogista, si sottolinea l’importanza di ciò che si meta-comunica ai giovani più di quello che gli si dice apertamente: fare percepire, con le nostre attenzioni, atteggiamenti, con i gli sguardi e con lo stile educativo, che lì abbiamo a cuore uno ad uno, ognuno con le sue specificità. Di tutto questo ne stiamo facendo esperienza, seppur i tempi che viviamo ci obbligano a trasformare schermi e pc in piazze virtuali dove continuare a dispensare l’ingrediente fondamentale di ogni annuncio: l’amore!

(In foto: La festa della Pace ACR 2020 in occasione dei festeggiamenti parrocchiali di San Giovanni Bosco)

2 commenti

Donato Bruno 31 Gennaio 2021 - 07:23 Rispondi
Antonio Staglianó 28 Marzo 2021 - 14:04

Da questo articolo su San Bosco catecheta si può rafforzare l’idea che San Giovanni Bosco sia davvero un “patrono della PopTheology”. Grazie +Antonio

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