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Gli stucchi del Gianforma: Abramo i tre angeli e il riso di Sara

da Redazione
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Avviamo con questa pubblicazione un ciclo di narrazioni relative ad alcuni personaggi legati alla storia narrati nella Sacra scrittura prendendo come spunto le bellezze artistiche della nostra Basilica. Ci cimenteremo a sostare sui pannelli della volta centrale e del transetto, unici nel suo genere, pregiati stucchi dell’artista palermitano Giuseppe Gianforma e dai figli. Un esempio di come l’arte diventa catechesi e ne è diretta conseguenza.

“Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: «Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia»? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso». (Gen 18,1-3. 9-15)”

I pannelli che commenteremo sono stati realizzati con la tecnica dello stucco e sono presenti nella volta centrale e nella volta del transetto della basilica della SS. Annunziata a Ispica. Essi sono stati realizzati a cavallo tra la prima e la seconda metà del XVIII sec. dall’artista palermitano Giuseppe Gianforma, in seguito coadiuvato dai figli Giovanni e Gioacchino. I bassorilievi si presentano secondo il gusto di uno stile dell’epoca che fa riferimento al Tardo Barocco, ma che sotto certi punti di vista anticipa un acerbo stile tendente al Neoclassicismo.

Il primo pannello, scelto in ordine cronologico dei personaggi riportati, racconta dello speciale incontro tra Abramo e i tre angeli che gli annunciano la nascita di Isacco.

Di Abramo non sappiamo se sia veramente un personaggio storico, ma secondo le narrazioni riportate nella Bibbia, deduciamo che sia vissuto tra il 2.000 e il 1.800 a. C. Il nome Abramo significa Padre meraviglioso di una moltitudine.

In lui viene riconosciuta la comune origine delle tre religioni monoteiste.

Abramo è molto caro a Paolo che l’ha chiamato “Nostro padre nella fede” (Rm 4). Lo è anche a Gesù che lo cita nel cap. 8 nel Vangelo di Giovanni.

Il Giudaismo definisce Abramo come la radice, una radice trapiantata da Ur in Palestina, in una terra misera e sassosa.

Abramo è anche molto caro all’Islam, al quale è didicata la quattordicesima sura del Corano.

La figura di Abramo compare al cap.12 della Genesi. Egli è l’alba del nuovo giorno, con lui inizia la Storia della nostra salvezza.

Nei primi undici capitoli di Genesi risuonano a martello parole come:

”Maledetto sia il suolo, maledetto il serpente, maledetta l’umanità”. Essi mostrano con evidenza un mondo devastato dalla violenza e dalla disobbedienza verso Dio.

Al contrario, nei primi quattro versetti del cap. 12, per ben cinque volte risuona il verbo benedire, termine molto legato a vita e fecondità. Una benedizione spirituale che trasforma l’uomo nella sua totalità. Una benedizione che si irradia da lui, proprio perché in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra.

Nel pannello odierno vediamo il patriarca Abramo che accoglie tre angeli i quali gli annunciano l’imminente gravidanza di Sara. Abramo e Sara erano molto avanzati negli anni e non avevano potuto avere figli.

E’ un annuncio importante, che trova conferma nelle parole dell’Alleanza tra Dio e Abramo, colui che ha trovato il favore del suo Signore, grazia presso Dio altissimo.

Leggendo attentamente il testo, ci accorgiamo che da un lato i personaggi della visita sono tre, ma nel dialogo diventa uno solo: il Signore. Un chiaro riferimento alla realtà trinitaria del nostro Dio. Manifestandosi in tre messaggeri, diremmo che si tratta di una tipica rappresentazione semitica, per evitare che Dio venga impolverato nella storia. Gli angeli, sono un modo per esprimere il mistero di Dio in contatto con l’uomo. E’ il Signore che sta parlando. Una promessa sta iniziando a realizzarsi.

Ma avviene un fatto singolare. Mentre Abramo accoglie l’annuncio del Signore, Sara, che sta origliando dietro la tenda posta nelle vicinanze, schernisce la Parola del Signore con una azione di riso e mormora parole di perplessità condite con ironia, nei confronti nella notizia dell’imminente gravidanza.

Certamente è un riso che deve essere interpretato in una prospettiva teologica. Questo sorridere ironico, sarcastico, è il filo conduttore del racconto.

Il ridere è l’equivalente di un verbo usato tantissimo nel libro dell’Esodo: mormorare.

Ridere e mormorare, nella Bibbia sono sinonimi. E’ l’atteggiamento dell’uomo incredulo, il quale non può sperare più in quello che egli considera assurdo.

Per Abramo e per Sara la speranza è morta. C’è un grembo ormai completamente sterile; dall’altra parte Abramo è molto avanzato negli anni. Una forte stanchezza avvolge entrambi i personaggi, come a dire che: Non rimane che riderci sopra.

Poc’anzi dicevamo che il riso è il filo conduttore del racconto, perché contro questa ironia, contro questa stanchezza, contro quel tempo della fissità dove i coniugi stavano confinando la loro esistenza, all’improvviso appare la concretizzazione della promessa. Ci sarà lo scioglimento dell’enigma riso. Come? Questo lo si può intendere analizzando l’etimologia del nome Isacco che vuol dire: JHWH ha riso. Per cui contro il riso dubbioso, inefficace dell’uomo, c’è, dall’altra parte, il riso squillante di Dio, che ti presenta un bambino, la freschezza della vita in un panorama ormai morto, assolato e distrutto.

di Donato Bruno

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