Home Annunziando Espressione di fede semplice e devozione: “a cira” e il suo significato.

Espressione di fede semplice e devozione: “a cira” e il suo significato.

da Redazione
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Uno dei tratti distintivi della Settimana Santa ispicese, è “a cira”, “la cera” letteralmente. Stiamo parlando degli oboli di cera che i devoti donano ai due simulacri protagonisti dei riti della Settimana Santa. Si tratta di ex voto (dal latino, “secondo la promessa fatta”) che raffigurano parti anatomiche per le quali si chiede o si è ricevuta una grazia. Ed è questo il significato di questa nostra tradizione: chiedere il dono della guarigione per quella parte di corpo affetta da una malattia o ringraziare, con l’obolo in cera, appunto, il SS. Cristo con la Croce sulle spalle, per la grazia ricevuta. Un cuore, un viso, una gamba o una mano di cera, ci narrano di una devozione e di una religiosità semplice ma non per questo, meno sentita e forte. Una sorta di preghiera di cera, in un gesto che si tramanda da secoli.
Un discorso a parte, meritano i bambinelli, “i bamminedda”, nella nostra parlata. Per ogni bambino nato,  gli ispicesi donano  un bambinello di cera, rigorosamente vestito d’azzurro, colore distintivo della nostra Basilica, al SS. Cristo che porta la Croce. Il gesto è chiaro: si pone il bambino sotto la protezione di “Cruci”, come affettuosamente chiamiamo il nostro simulacro.
Da un punto di vista artistico, alcuni degli ex voto più antichi, databili al XVIII sec., sono autentici gioielli d’arte. Alcuni bambinelli di straordinaria bellezza e precisione, sono di gusto barocco. Uno rarissimo rappresenta Maria bambina. E’ avvolta in un vestitino fiorito e ha una cuffietta in testa e  viene comunemente chiamato “a bammina”.
La provenienza di questi oboli è dibattuta; documenti d’archivio potrebbero chiarire ogni dubbio. Non è del tutto improbabile, l’origine ispicese di questi rari manufatti. Sappiamo infatti che fino agli inizi del novecento, in paese, la famiglia Barone portava avanti una piccola bottega che produceva candele e torce e più in generale, lavorava la cera. Allo stesso modo e fino agli anni quaranta del secolo scorso, era attiva una bottega in via Roma, il cui titolare era “don Giuvanninu u bamminiddaru, il quale, ovviamente, vendeva Bambinelli.

Per concludere, un ricordo: tutti noi da bambini, durante la quaresima, ci incantavamo ad ascoltare le storie e i discorsi degli anziani della comunità, in un posto particolare: “a casa a cira”, il luogo dove gli oboli vengono conservati. Era il posto nel quale in silenzio e con rispetto , diventavamo nunziatari. A quelle persone semplici e per bene che si mettevano al servizio della comunità, donandoci il loro esempio, va il nostro grazie e la nostra stima infinita.

di Salvo Rabbito

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