A due settimane circa della scomparsa di Fratel Biagio Conte di Palermo, nel giorno della festa liturgica della Conversione di San Paolo, riceviamo e pubblichiamo una testimonianza della vita del missionario laico da parte di chi ha avuto modo di conoscerlo più da vicino.
«Ero un figlio di papà, amavo griffe e discoteca. Ora sono fan del buon Dio, di san Francesco e di madre Teresa. Ho aggiunto un amico poi. Si chiama Gesù. Stavo male per una società malata: sono rinato grazie alla povertà».
Scoprii la figura di Biagio Conte nei primi anni Novanta seguendo una trasmissione televisiva; da lì a poco andai a conoscerlo di persona a Palermo. In quegli anni abitavo nel capoluogo siciliano per motivi di studio e, non di rado, andavo a messa nella casa d’accoglienza per i senzatetto che lui stesso aveva fondato. Non mancarono occasioni in cui mi offrivo di fargli avere beni di prima necessità, vestiario o medicine, che il compianto Nuccio Mauceri, nostro compaesano, mi affidava per recapitarglieli.
Biagio Conte nasce a Palermo il 16 settembre 1963 in una agiata famiglia. A 16 anni abbandona gli studi per seguire le orme del padre che era un imprenditore edile. A causa di una profonda crisi spirituale, nel 1983 decide di allontanarsi da Palermo e di andare a vivere a Firenze.
Nel 1991 dopo un pellegrinaggio ad Assisi tutto gli appare molto più chiaro: la cura dei poveri, gli emarginati, i senza dimora sono e saranno per sempre, la sua manifestazione dell’amore di Dio. In quello stesso anno nasce la Missione Speranza e Carità, concepita per coloro che rimangono indietro e ai margini di questa società così indifferente.
Il sogno di Biagio è arduo, ma la forza e la fede non gli mancano. Dapprima si attrezza nella Stazione centrale di Palermo; la sera è pienissima di persone che si sono arrese alla vita, vagabondi, giovani sbandati, alcolisti, ex detenuti, separati, prostitute, profughi, immigrati e la notte vengono addirittura cacciati fuori, nei marciapiedi antistanti la struttura: tutto questo è inaccettabile per la sensibilità umana e spirituale dell’uomo di Dio: da lì in poi sarà un susseguirsi di progetti, realizzazioni di case di accoglienza, spesso consistenti in strutture industriali dismesse del capoluogo siciliano.
Ad oggi esistono diverse comunità che si trovano a Palermo e nei territori limitrofi.
Con la sua opera Biagio Conte riesce ad accogliere più di mille persone, supplendo all’assenza di servizi sociali ed enti locali. Tutto questo perché è stato capace di farsi sentire dalle Istituzioni — anche a costo di prolungati scioperi della fame e proteste eclatanti — per ottenere risorse dedicate alle proprie attività di carità. Battaglie che, alla fine, hanno convinto la politica locale e regionale ad allargare i cordoni della borsa per raddoppiare la capacità di ospitare quelli che per Conte erano semplicemente: «fratelli».
Un episodio della vita di fratel Biagio, che ha sconvolto gli astanti, è avvenuto nell’anno 2014. Il missionario, dopo avere trascorso alcuni anni costretto su una sedia a rotelle, che lo avevano inchiodato a causa di uno schiacciamento di alcune vertebre che gli provocavano lancinanti dolori alla schiena, abbinati ad altri problemi circolatori, decise di accompagnare tre fratelli, accolti dal centro, nel viaggio organizzato dall’Unitalsi; forse lì si è convinto a fare quello che facevano gli altri, compreso il bagno nella vasca della Madonna di Lourdes”.
Quando è tornato dal viaggio “era ancora sulla sedia a rotelle – raccontava uno dei suoi collaboratori – poi in occasione di una speciale messa in cattedrale lo abbiamo visto camminare sulle sue gambe”.
«Per me è stata una grazia inaspettata — raccontò lo stesso Biagio Conte in un’intervista — che ho ricevuto dal buon Dio che ha incaricato sua madre Maria. Subito dopo essermi immerso ho avvertito come un fuoco dentro che mi ha permesso di tornare non a camminare, ma a correre verso le tante persone che me lo chiedono».
In seguito a questo avvenimento, l’anno successivo decise di camminare verso Roma per testimoniare la sua grande fede, ma soprattutto la volontà di aiutare gli ultimi.
Che io sappia, Biagio Conte almeno in due occasioni è stato a Ispica. La prima, nel maggio del 2014 in occasione della Giornata diocesana dedicata ai giovani e organizzata all’Annunziata: la sua preziosa testimonianza accese i cuori di quanti erano presenti con parole di fede e speranza.
Una giornata indimenticabile per la nostra città e la diocesi di Noto.
La seconda nell’anno 2015, quando decise di affrontare un lungo pellegrinaggio tagliando in lungo e in largo l’Italia, passando per Roma e andando a trovare di persona papa Francesco.
In quell’occasione, fratel Biagio, con addosso una croce, passò anche dalla nostra Ispica, suscitando tanta ammirazione da parte dei concittadini che ebbero la fortuna di incontrarlo e scattare qualche selfie. Chi lo ha incontrato, ha potuto sostenerlo con una parola di conforto, una preghiera ma anche con un po’ d’acqua o qualcosa da mangiare. Il messaggio che ci lasciò fu proprio questo: “Voglio portare un messaggio di speranza con l’unico simbolo in grado di raggiungere tutti, dal centro alle periferie del mondo: la Croce”.
È morto a Palermo lo scorso 12 gennaio, a 59 anni, il nostro caro frate laico.
Negli ultimi mesi non solo i palermitani ma centinaia di persone da tutta la Sicilia gli sono stati vicini: le sue condizioni di salute si aggravavano di giorno in giorno. Il suo ultimo pensiero, dal letto di agonia, è sempre stato rivolto proprio agli ultimi: «Restiamo uniti per un mondo migliore perché insieme possiamo farcela: non muri ma ponti».
Concludiamo accennando alle ultime righe del suo testamento spirituale, letto lo scorso 17 gennaio durante i suoi funerali; le sue ultime parole sono state rivolte a due fari della sua vita interiore: papa Francesco e mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo ed ex parrocchiano della SS. Annunziata.
Carissimo e amato Papa Francesco, coraggio, il buon Dio ti custodisca e ti dia sempre forza e salute per tutelare la santa Chiesa e tutti i cittadini di questa ammalata società. Grazie Papa Francesco per il tuo prezioso operato verso i più deboli e più poveri. Carissimo e amato Arcivescovo Corrado anche tu sei il nostro pastore donato alle pecorelle di questa città di Palermo. Carissimo Arcivescovo Corrado, coraggio, il buon Dio ti ha affidato una missione molto delicata di custodire la casa di Dio, la Cattedrale e tutte le chiese e il seminario. Grazie per il tuo operato e sostegno verso i più bisognosi, continua a pregare per tutti noi, anche noi preghiamo per te.
Donato Bruno