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La dad per un’educazione al cambiamento e alla vita

da Giuseppina Franzò
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Quando all’improvviso, da un giorno ad un altro, o meglio da un’ora ad un’altra, ci siamo ritrovati studenti e insegnanti non in un’aula ma in pigiama o quasi, nel silenzio assordante delle nostre stanze a “fare scuola” fra smarrimento, stupore e tristezza mi è venuto in mente il saggio della psicologa ed epistemologa Donata Fabbri Per un’epistemologia operativa del cambiamento letto nel periodo del corso di abilitazione all’insegnamento, saggio che invitava ad ancorare ogni azione didattica ad una educazione alla gestione e tesaurizzazione del cambiamento. L’educazione al cambiamento veniva proposta nel saggio come un’educazione alla vita, come cioè l’allestimento di una cassetta con gli attrezzi pronta per continuare a vivere sempre e comunque dinanzi al fluire metamorfico di ogni cosa, sfida, relazione, di ogni ruolo. Avevo apprezzato questo scritto e i suoi contenuti comunque vicini alla mission della scuola di veicolare valori, saperi e capacità di giudizio e pensiero. Ma più volte in aula negli anni mi sono detta come può praticamente conciliarsi l’educazione al cambiamento, al rovesciamento di prospettiva, alla gestione sovrana del nuovo mentre si è chiamati a trasmettere saperi consolidati, spesso ben confezionati, inossidabili e intoccabili che non sempre si ha il tempo e la voglia di destrutturare e ricostruire insieme alla classe.

La pandemia, il lockdown e la dad potevano essere finalmente il momento perfetto di conciliazione. Il ricordo di questa lettura mi ha permesso di proporre ai ragazzi un modo nuovo di “fare scuola”, nonostante il forte limite della mancanza di contatto umano. Mi ha permesso di rivedere metodi, contenuti, tempi e scelte, guardare a nuovi orizzonti e cercare e costruire nuove strade per raggiungere i ragazzi, nonostante le distanze fisiche e lo smarrimento condiviso.

Occorreva per gli insegnanti non fermarsi solo a criticare le ripercussioni della dad sulla qualità e quantità degli apprendimenti o sorridere e o arrabbiarsi dinanzi alle godibilissime tecniche di baro dei ragazzi sull’accensione e spegnimento di microfoni e telecamere nei momenti “opportuni” o dinanzi alla loro verifiche più o meno oneste e più o meno spalleggiate dagli adulti presenti in casa.

Occorreva inventarsi nuovi modi per stare nei nostri ruoli di insegnanti e di studenti. Insieme allora abbiamo provato a cercare nuovi sensi e nuovi significati, a sviluppare nuove capacità multimediali e relazionali. A raccontarci e ad ascoltarci come sempre in classe, ma separati dallo schermo. Insieme abbiamo cercato l’umanità e il contatto umano, nonostante lo schermo freddo, invalicabile barriera di sguardi, emozioni, pensieri e vissuti. Ed ecco allora che tutto è diventato input di lezione: dal disagio individuale e sociale legato alla pandemia sono partiti percorsi per trovare nuovi significati dell’essere vivi e dell’ essere gruppo e così articoli, foto, video ed immagini di ogni sorta, citazioni dei social sono stati inglobati nelle lezioni. Avanti anche con i momenti di riflessione sull’uso consapevole e critico dei media, sulla caccia alle fake news, avanti anche con i lavori cooperativi e creativi e i feedback immediati e continui attraverso le applicazioni in cloud, tutti momenti molto formativi che non sempre trovano ampi spazi nella didattica in presenza scandita da minuti, campanelle e adempimenti burocratici.

La dad ci ha permesso anche di ragionare e di riflettere sulla netiquette, cioè sul corretto uso dei mezzi di comunicazione telematici nel rispetto di se stessi e degli altri, ha dato ai ragazzi la possibilità di rivedere schemi e risentire lezioni nel proprio tempo, la possibilità di metterci la faccia senza timidezza e di raccontare con libertà e creatività se stessi, senza ingessature istituzionali e routinarie. E a noi insegnanti ha dato la possibilità di snellire conoscenze attraverso mappe e schemi, di interrogare e attualizzare i contenuti più che mai, di proporre approfondimenti attraverso file multimediali e appassionanti percorsi multidisciplinari fuori dalla routine. E soprattutto ci ha quasi spinto, con prepotenza direi, a ripensare la didattica attraverso l’ancoraggio alle competenze anziché alle conoscenze. Infatti per evitare di dare ai ragazzi verifiche in cui fosse facile per loro reperire aiuti dai libri, dalla rete o dagli adulti in casa, abbiamo dovuto pensare e abbiamo avuto il coraggio di proporre compiti originali e creativi di realtà, compiti autentici finalmente strutturati sulle competenze come da più parti richiesto e non solo sulle conoscenze.

La dad non è quindi da buttare negli spunti creativi e strumentali che ha dato ad insegnanti e studenti. Non è da buttare nemmeno nella sua capacità di responsabilizzare i ragazzi e, man mano che passavano le settimane, anche quelli più svogliati e menefreghisti cercavano in dad il loro posto per esserci e per fare, perché la dad diventava, mentre palestre e svaghi erano tutti off limits, un modo per continuare a vivere, a relazionarsi, ad esserci heideggerianamente inteso, per cercare, per trovare e per continuare a cercare e trovare, non solo on line. A riprova che la scuola è sempre e comunque focolare domestico e fucina di cambiamento. La scuola deve essere cassetta degli attrezzi per accettare e metabolizzare il cambiamento in cui siamo continuamente immersi e a cui inesorabilmente tendiamo. Ogni cambiamento personale e sociale. Bisogna crederci e bisogna credere soprattutto nel suo irreplicabile ed esclusivo potenziale esplosivo di Umanità. E poco importa allora se le scuole sono aperte o chiuse, se ci sono o meno i banchi con le rotelle. Buona scuola tutti, studenti, docenti e famiglie.

1 commento

Piera Giuggia 18 Gennaio 2021 - 11:08

Apprezzo la capacità dell’insegnante di utilizzare l’insegnamento a distanza come nuova forma di educazione.
Mi piacerebbe sentire dai ragazzi come la pensano e come la vivono. Penso comunque che un ‘educazione completa richieda soprattutto il rapporto personale.

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