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“Bullo da morire”: una riflessione comune con il pedagogista Giuseppe Raffa

da Giovanni Peligra
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Venerdì sera 2 Dicembre si è tenuto un importante incontro di informazione e sensibilizzazione sul preoccupante fenomeno del bullismo, anzi dei bullismi tra i bambini, i preadolescenti e gli adolescenti, sia a scuola che nella vita extrascolastica.
Abbiamo scritto bullismi perché questo specifico fenomeno della violenza giovanile si manifesta in molteplici forme così diverse da configurare profili differenti di bullismo, ciascuno con caratteristiche peculiari. Abbiamo avuto la grazia di parlarne, con franchezza e competenza, insieme al dottor Giuseppe Raffa, pedagogista di professione e responsabile dello sportello dell’Asp di Ragusa contro i bullismi, che affronta il fenomeno da più di vent’anni, non solo come oggetto di studio, ma anche nell’ ambito della prevenzione e del trattamento rieducativo.

Che cos’è il bullismo?

Il termine “bullismo” indica e riassume in sé una vasta ed eterogenea serie di comportamenti di prevaricazione e sopraffazione messi in atto da uno o più soggetti nei confronti di una persona individuata come bersaglio di violenze verbali e spesso anche fisiche. La giovane età tanto degli autori quanto delle vittime di tali condotte, nonché il contesto in cui le stesse possono verificarsi (prevalentemente la scuola, ma anche i luoghi ove si pratica sport e più in generale gli ambienti di aggregazione giovanile), consentono di distinguere tale fenomeno da altre forme di aggressività che tendono a manifestarsi principalmente nei rapporti tra persone di età adulta (si pensi ad esempio alla piaga del mobbing sul posto di lavoro).

Si tratta di un fenomeno particolarmente allarmante, non solo per i gravi fatti di cronaca che periodicamente attirano l’attenzione degli organi di stampa, ma anche e soprattutto per la sua notevole diffusione all’interno di un’ampia fascia della popolazione in età scolastica (seppur con forme diverse ed intensità variabile), come sembrerebbe emergere dai più recenti studi dell’Istituto Nazionale di Statistica.

Secondo la definizione fornita nel 1993 dallo psicologo norvegese Dan Olweus, che fu tra i primi studiosi a livello internazionale ad essersi occupato in maniera approfondita del fenomeno del bullismo, uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Un’azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio a un’altra.
Volendo quindi evidenziarne le caratteristiche principali, le varie forme di bullismo si contraddistinguono per i seguenti elementi:
1) l’intenzionalità, avendo il bullo l’obiettivo di offendere, danneggiare, emarginare la vittima;
2) la ripetitività, essendo i comportamenti aggressivi solitamente reiterati nel corso del tempo;
3) la disparità di forza e potere tra i soggetti coinvolti, trovandosi la vittima in una posizione di inferiorità che le impedisce di sottrarsi alle vessazioni del bullo;
4) l’isolamento della vittima, spesso timorosa di chiedere aiuti esterni e di rivelare ad altri quanto sta subendo.

Conseguenza delle condotte bullizzanti è spesso un danno per l’autostima della vittima, danno che permane nel tempo e può determinare un suo progressivo abbandono degli ambienti scolastici, sportivi e sociali ove normalmente bambini e ragazzi dovrebbero invece tessere e sviluppare la propria rete di relazioni vitali.
A seconda delle modalità con cui le aggressioni si verificano e delle possibili cause scatenanti, si è tentato di trovare alcune categorie per descrivere le diverse forme di bullismo.
Si è così parlato di:
1) bullismo fisico, quando il bullo ricorre a più o meno gravi forme di violenza fisica per imporre e dimostrare la propria superiorità sulla vittima;
2) bullismo verbale, quando l’aggressione avviene attraverso il ricorso all’insulto, allo scherno, al dileggio insistito ed opprimente;
3) bullismo relazionale, caratterizzato dall’obiettivo di allontanare la vittima da un gruppo attraverso una subdola attività intesa a diffondere voci, pettegolezzi e maldicenze sul suo conto;
4) bullismo sessuale, allorché le azioni aggressive coinvolgono la sfera della sessualità della vittima, attraverso azioni che dalle semplici molestie verbali possono anche giungere sino a vere e proprie forme di violenza sessuale;
5) bullismo discriminatorio, ogniqualvolta le ragioni dei comportamenti vessatori siano da ricercare nel fatto che il bullo intende colpire ed emarginare un soggetto individuato come diverso rispetto a canoni per lui accettabili (potendo la diversità essere ad esempio percepita sotto il profilo dell’orientamento sessuale, della provenienza geografica, della fede religiosa, ecc…).

Dopo averci chiarito le idee, avendo fornito una corretta e fondata informazione e spiegazione sui termini e i concetti chiamati in causa, il dottor Raffa ci ha indicato e parlato delle principali con-cause dell’incremento delle manifestazioni della violenza tra i bambini e i ragazzi che tanta preoccupazione desta nei genitori e in coloro che a diverso titolo svolgono un ruolo educativo.
Lo shock generale dovuto al blocco pandemico per il Covid 19, con tutto ciò che ha comportato e significato, non ha generato nuovi bullismi e non si può additare come responsabile dell’attuale disagio psico-sociale dei minori: purtroppo, esso ha accelerato ed amplificato il malessere e le problematiche già esistenti dai primi anni di questo secolo.
Chiamato in causa per primo è il cosiddetto “abbandono educativo”, il quale ha fatto la sua comparsa sul finire degli anni 90 del secolo precedente. Questo secolo è sciaguratamente iniziato sotto il segno di un’importante assenza/mancanza, che pesa come un macigno sulla condizione esistenziale e sulla crescita personale di coloro che sono nati negli ultimi 20 anni circa. Le generazioni venute al mondo in questo secolo, spesso, si ritrovano drammaticamente “orfane” delle figure genitoriali, sempre meno capaci di assumersi nei confronti dei figli le fondamentali responsabilità educative di accompagnamento e guida, e sempre più inclini a “delegare” ad altri soggetti ed istituzioni la presa in carico dei compiti formativi peculiari della famiglia. L’innegabile crescente complessità della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza e le complicate sfide educative dell’oggi non possono comunque giustificare una significativa e grave tendenza ad assumere da parte degli adulti, in primis i genitori, un atteggiamento dimissionario nei riguardi dell’educazione delle nuove generazioni.

Viene poi indicato l’epocale fenomeno dei cosiddetti “nativi digitali”, con il quale si intende un vero e proprio cambiamento antropologico in corso di svolgimento a partire dai primi anni 2000. Una mutazione socio-psico-sociale che interessa innanzitutto e soprattutto i bambini e i ragazzi di oggi, dovuta all’avvento e alla diffusione sempre più invasiva e pervasiva della tecnologia digitale della comunicazione e della socializzazione. Il mondo on line si intreccia sempre più con il mondo off line, esso è il mondo frequentato assiduamente dalle nuove generazioni, un mondo che diventa sempre più ibrido, una nuova terra da esplorare con tutto lo stupore e il timore che ne seguono. Questa situazione di fatto invita tutti gli adulti ad
imparare seriamente a conoscere i nuovi linguaggi e i nuovi modi di entrare in relazione e abitare l’esistenza dei minori di oggi, auspicando di poterlo fare in loro compagnia, creando così importanti occasioni di confronto costruttivo.

Un altro fenomeno, indicato come fattore diseducativo che contribuisce al disagio giovanile, è il grave controesempio offerto dagli adulti, i cosiddetti “immigrati digitali”, i quali emulano il comportamento dei nativi sia on line sia off line. Essi, purtroppo, si contraddistinguono per un uso irresponsabile, inappropriato e scarsamente consapevole delle tecnologie digitali, le quali non sono soltanto strumenti, ma anche e soprattutto nuovi ambienti di vita. Questa crisi di testimonianza rivela drammaticamente disorientamento valoriale e difficoltà a capire le vere sfide educative di questo tempo.
Dopo questa interessante ed illuminante conversazione, il dottor Raffa si è congedato dagli interlocutori, tra i presenti diversi genitori, maestri e professori, con un accorato invito a riscoprire la bellezza e il valore enorme del dono e missione della genitorialità, nonostante la fatica e le difficoltà, ed un forte appello rivolto a tutte le realtà formative operanti nel territorio, perché vogliano e sappiano costruire insieme reti di ascolto e sostegno a servizio delle famiglie, al fine di poterle accompagnare nell’irrinunciabile compito di far crescere le nuove generazioni in una vita il più possibile autentica. Siamo ancora in grado di saper accogliere ed offrire risposte adeguate ai bisogni evolutivi dei bambini e dei ragazzi di oggi, così diversi e confusi rispetto alle generazioni del secolo passato, ma pur sempre creature in cerca di una giusta bussola, desiderosi di testimoni amorevoli e credibili.

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