Home Annunziando È Pasqua, Gesù è risorto. Ora è tempo di “passare” a vita nuova

È Pasqua, Gesù è risorto. Ora è tempo di “passare” a vita nuova

da Redazione
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È Pasqua … È festa, la nostra festa. È la festa dell’amore che vince sulla morte. È la festa dell’uomo della croce che risorge a vita nuova!
In questo solenne giorno di festa, riceviamo in dono un messaggio augurale del nostro Vescovo Antonio composto per il nostro Periodico. Grazie Eccellenza per questo dono!
Gli auguri di tutta la Redazione alla nostra comunitá e ai nostri lettori.
Buona Pasqua!”

Gesù è risorto, alleluia, alleluia! Risposta: “E’ veramente risorto, alleluia, alleluia”. È questo il dialogo tra credenti che sperano in un futuro “trasfigurato” dalla Risurrezione di Gesù.

Il Risorto è Gesù e Gesù risorto è il nostro destino eterno. Gli uomini e le donne continuano a morire. Ora, tuttavia, tutto è cambiato: anche la morte degli umani. Nella Pasqua del Signore si manifesta la verità e il senso della vita di ogni uomo: sei destinato a risorgere! Così, non si muore più per morire e basta; si muore sempre in Gesù risorto. Un detto di Sant’Agostino ha consolato il mio cuore dopo la morte di mio fratello Pino – l’8 ottobre del 2009, appena qualche mese dalla mia entrata nella Diocesi di Noto-, perché ne ho percepito la verità: “noi non perdiamo mai quelli che amiamo, perché li possiamo amarre in Colui che non si perde mai”. Ecco perché abbiamo speranza nella vita oltre la morte: perché Gesù è risorto.

Questa consolazione – penso a quanti hanno sofferto la morte dei propri cari in questa pandemia- non è aleatoria, astratta o, peggio, alienante. Ha carne e corpo, perché la speranza cristiana è che “noi risorgeremo nella carne” e quindi rivedremo e riabbracceremo i nostri figli, i nostri genitori, i nostri amici. Gesù infatti non è risorto “per sé”, ma per noi. Dunque, il potere del risorto cambia le cose della mia esistenza quotidiana. Poiché Gesù è risorto, io posso convertirmi, riesco a diventare un uomo nuovo, capace di amare unilateralmente e senza condizioni nel perdono: rinnovare gli affetti, l’amicizia, la fraternità, la solidarietà, la cura per altri. Soprattutto, il potere del Risorto mi dona la forza di fare quanto non sarei mai riuscito a fare, la cosa più difficile: perdonare i fratelli, fino all’estremo, perdonare i nemici. Il fatto concreto che lo faccio è il segno che davvero il Signore è risorto, perché se non fosse risorto non ci sarei riuscito.

È nella sua grazia, infatti, che io apro gli occhi sulla fragilità e la sofferenza dei Fratelli tutti (Papa Francesco) e mi scopro con un cuore di carne (prima c’era il cuore di pietra, freddo, indifferente, insensibile) ricco di empatia, capace di immedesimazione, desideroso di “sentire insieme agli altri i sentimenti di tutti, a partire dai sentimenti di Cristo”. Mi immedesimo, e immagino me o i miei fratelli più cari sui barconi dei migranti in cerca di rifugio, di un porto sicuro. Mi immedesimo e immagino mio padre che ha perso il lavoro ed è disperato, perché non sa come sfamare i propri figli. Mi immedesimo e immagino che sia la mia quella famiglia che si sta rompendo, per l’egoismo di tutti i membri che pensano solo a sé stessi (desiderano godersi la vita anche in faccia al dolore degli altri) e non si aprano al dialogo e al perdono. Mi immedesimo, immagino e… agisco per portare la pace nelle famiglie, per solidarizzare con chi non ce la fa, per accogliere i migranti ed essere ospitale. Gesù è risorto e, allora, io comincio da me. Non aspetto che altri lo facciano prima: lungo le strade degli uomini, con occhi semplici, vado a cercare Dio dove mi indica Gesù, perché là dove lo devo cercare, Dio non si trova e io lo devo portare come riconciliazione, come pace, come gioia, come perdono e come vicinanza corposa, attraverso le opere di misericordia corporale.

La luce del Risorto mostra un vasto campo aperto nel quale il cristiano deve andare a lavorare instancabilmente: è l’umanità ferita che soffre, schiantata nel doloro di tutti i nuovi crocifissi della storia. Papa Francesco le chiama “periferie esistenziali”. Possiamo nominarle come vogliamo, sappiamo però che si tratta sempre e comunque dell’umanità di Cristo, flagellata e crocifissa, in ogni povero della terra, negli scartati, nei tanti derelitti umani, ammassati nei terribili “gulag” delle società dell’ipermercato e resi del tutto invisibili agli occhi borghesi dei religiosi, i quali assomigliano al levita e al sacerdote della parabola del buon Samaritano: vanno a pregare al tempio, vanno ai riti del culto divino e non hanno tempo per soccorrere l’uomo incappato dai briganti.

Pasqua è passaggio dalla morte alla vita: sia per noi – comunità cristiana- passaggio vero da un cattolicesimo convenzionale a un cristianesimo vivo, autentico, risorto, perché ricco di una vita traboccante. Questa vita del cristiano “trasborda” anche nella morte, perché vince la morte, in Cristo Gesù risorto. Amen Alleluia.

+Antonio Staglianò

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